ARTURO MARTINI (1889 – 1947)
Arturo Martini è stato uno dei più grandi scultori italiani del Novecento, capace di imprimere nella materia una forza espressiva senza tempo. Nato a Treviso nel 1889, il suo percorso artistico si è sviluppato attraverso una continua ricerca formale, spaziando tra suggestioni classiche, arcaiche e avanguardistiche.
Dopo una prima formazione presso scuole artigianali e artistiche locali, Martini si trasferisce a Monza e poi a Milano, entrando in contatto con i fermenti artistici dell’epoca. La sua carriera si sviluppa tra il richiamo della tradizione e l’urgenza di un linguaggio moderno, caratterizzandosi per l’uso di materiali diversi, tra cui terracotta, bronzo, marmo e pietra, ma anche per la sua capacità di reinterpretare la monumentalità antica in chiave intima ed espressiva.
Negli anni ’20 e ’30, Martini emerge come una figura di spicco dell’arte italiana, contribuendo al ritorno alla figura promosso dal Novecento Italiano. Le sue opere, spesso ispirate alla mitologia e alla dimensione arcaica della scultura, si distinguono per la sintesi plastica e per il forte impatto emotivo. Tra i suoi capolavori si ricordano “La Pisana” (1933), “La lupa” (1935), “La maternità” (1931) e il celebre “Il pastore” (1930-1934).
Verso la fine della sua carriera, Martini attraversa una fase di profonda riflessione sulla scultura, arrivando a dichiararne la crisi con il celebre testo “Scultura, lingua morta”. Questa affermazione, più che un abbandono, testimonia la sua insoddisfazione verso il rapporto tra scultura e società moderna, non più in grado di accoglierne la funzione monumentale.