FRANCO ALBINI (1905 – 1977)
Considerato tra le figure più coerenti e rigorose della corrente razionalista a Milano, la sua opera spazia dal disegno di prodotti industriali a progetti di scala urbana, in piena osservanza al noto principio “dal cucchiaio alla città” coniato dall’amico E. N. Rogers. La sua iniziale formazione, avvenuta a cavallo tra gli anni ’30 e ’40, deve molto a personalità come Edoardo Persico e Giuseppe Pagano, le quali raccolte attorno alla storica testata di Casabella costruivano le basi per una presenza militante del Movimento Moderno in Italia, aspetto questo che Albini saprà alimentare anche attraverso rapporti di frequentazione diretta con i grandi maestri della scena internazionale, come Mies e Le Corbusier.
In Albini però, così come in altri protagonisti del nostro dibattito nazionale, l’adesione al modernismo viene sempre stata filtrata attraverso la volontà di costruire un forte dialogo con i contesti storici, culturali e sociali nei quali era chiamato ad intervenire e forse è proprio in questo l’aspetto più prezioso e innovativo del suo contributo. L’esemplare rigore e la coerenza stilistica che lo hanno sempre caratterizzato sono in realtà lo specchio di una sorta di “vocazione morale” presente in ogni progetto, il cui fine ultimo resta quello di essere un gesto di servizio della comunità.
Questo impegno metodologico permetterà ad Albini, e alla sua collaboratrice storica Franca Helg, di consegnare straordinarie testimonianze, soprattutto in campo museale, allestitivo, e urbano all’interno di tessuti particolarmente secolarizzati, si pensi agli interventi svolti soprattutto nella città di Genova (Palazzo Bianco, il convento Sant Agostino), ma anche a Padova con Chiostro degli Eremitani o a Roma con l’edificio della Rinascente.
I natali brianzoli di Albini aiutano a spiegare molto di questa sua costante ricerca della perfezione, il lui c’è sempre il richiamo all’approfondimento dei temi e al contempo alla semplicità delle risposte, e passando in rassegna il repertorio della sua produzione di design colpisce la presenza di un alfabeto compositivo fondato sulla leggerezza e la sospensione delle forme. Su ogni tema Albini ama individuare i problemi per trovare poi il modo più lieve e naturale di risolverli, ci arriva sempre non dando nulla per scontato, sviluppando con impegno e responsabilità una grande quantità di elaborati, così come è prassi per ogni buon artigiano.
Questo esercizio al controllo e all’essenzialità delle forme, porta a costruire i suoi oggetti attorno alle linee di forza, pensiamo ai bellissimi progetti delle librerie, in cui il tema del pennone montante, sembra voler assumere su di sè l’intero compito di rappresentare la tipologia. Questo lavoro, fondato su un’inventiva sempre misurata e mai sensazionalistica fu possibile anche grazie alla lunga collaborazione che nacque tra Albini e la vivace azienda pavese Poggi, nel cui catalogo ritroviamo pezzi intramontabili come le sedie Luisa, Fiorenza, e la “3 pezzi”. Un lavoro concettualmente simile lo ritroviamo per Vittorio Bonacina nella serie di arredi per esterno in cui con il midollino si costruisce una spettacolare e leggerissima struttura in autosospensione.
La cura nel dettaglio, la passione per un progetto che sappia esprimersi secondo una visione totale, trova nell’intervento fatto per la Metropolitana Linea 1 di Milano (Compasso d’Oro del 1964) la sua dimostrazione più esemplare, qui insieme Bob Noorda si elaborerà un caso di studio che farà da guida per tanti altri sistemi di trasporto pubblico presenti nel mondo.