NANNI VALENTINI (1932 – 1985)
Ci sono artisti per i quali la materia è solo un mezzo, e altri per cui diventa un linguaggio assoluto, capace di raccontare il tempo, la memoria e la dimensione più intima del pensiero. Nanni Valentini appartiene a questa seconda categoria. Scultore, pittore e ceramista, è stato un interprete poetico della terra, indagata non solo come elemento fisico, ma come sostanza primordiale capace di racchiudere tracce, segni e silenzi.
Formatosi all’Istituto d’Arte di Pesaro, Valentini assorbe la lezione della grande tradizione ceramica marchigiana, ma la supera presto per avventurarsi in un percorso radicalmente personale. A Milano entra in contatto con Lucio Fontana, Fausto Melotti e il mondo dell’arte contemporanea, eppure non abbandona mai il legame con l’argilla, che diventa il suo campo di sperimentazione più profondo. Le sue opere – forme essenziali, superfici segnate da graffi e incisioni, lastre e totem materici – non cercano la bellezza immediata, ma scavano nella memoria dell’arte, evocando frammenti di paesaggio, sculture arcaiche, simboli dimenticati.
Valentini è un alchimista della materia, capace di trasformare il gesto minimo in un segno eterno. Le sue ceramiche non sono mai solo oggetti, ma reliquie di un pensiero in equilibrio tra forma e natura, tra il rigore geometrico e l’imperfezione poetica. Nella sua opera convivono la tensione del segno e la profondità della materia, un dialogo tra luce e ombra, presenza e assenza.