Artisti Remo Bianco

Remo Bianco

REMO BIANCO (1922 – 1988)


Remo Bianco, nel 1937 si iscrisse all’Accademia di Brera, dove nel 1939 incontrò Filippo de Pisis, con cui iniziò a frequentare il suo studio, entrando in contatto con artisti come Carrà, Sironi e Savinio. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Bianco venne arruolato e tornato a Milano nel 1944, riprese gli studi all’Accademia di Brera e i contatti con de Pisis.
Nei suoi primi dipinti del dopoguerra, l’influenza di Rouault si manifesta in un’espressione pittorica carica di intensità esistenziale, caratterizzata da linee scure e strati di colore densi e cupi. Negli anni Cinquanta, i suoi volti si fanno sempre più astratti, con pennellate indisciplinate e colori sottili, riflettendo l’influenza del Movimento Nucleare e dello Spazialismo. Bianco iniziò a sperimentare con materiali diversi, creando opere composte da colori, cristalli di vetro, vernici e altri elementi, spingendo la pittura verso l’astrazione materica.
La sua carriera si sviluppò ulteriormente grazie alla mostra personale del 1952 alla Galleria del Cavallino, diretta da Carlo Cardazzo, e alle successive esposizioni alla Galleria del Naviglio di Milano. Negli Stati Uniti, dove si recò nel 1955 grazie a una borsa di studio, Bianco conobbe Jackson Pollock e l’espressionismo astratto, incorporando la tecnica del dripping nei suoi lavori. Da questa esperienza nacquero i Collages, opere in cui ritagli di dripping venivano ricomposti in nuove strutture.
I Collages portarono alla creazione dei celebri Tableaux dorés, una serie di opere che esploravano le potenzialità della foglia d’oro, con varianti che andavano da un unico quadratino dorato a composizioni più complesse. Negli anni Settanta, Bianco sviluppò ulteriormente questa tecnica con le Appropriazioni, applicando i quadratini d’oro su oggetti comuni, come automobili, creando una sorta di “marchio” artistico.
Parallelamente, già dal 1948, Bianco aveva iniziato a sviluppare l’Arte Improntale, stampando le impronte di oggetti su varie superfici e successivamente creando calchi in gomma o carta, teorizzando questa tecnica nel “Manifesto dell’Arte Improntale” del 1956. Le sue sperimentazioni continuarono con i Sacchetti-Testimonianze, piccoli oggetti quotidiani conservati in bustine di cellophane, e le Sculture Neve, create spruzzando neve artificiale su oggetti e persone, che venivano poi racchiusi in teche o fotografati.
Negli anni Settanta, pur continuando a lavorare su tutte le sue precedenti serie, Bianco tornò a una pittura più semplice, rappresentando su fondi quadrettati immagini minimali e stereotipate come trenini, fiori e giostre, esplorando un mondo di simboli infantili e archetipi visivi.

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